mister x

Elaborare un lutto non significa piangere o che. È qualcosa di molto più capillare. Sta più dalle parti del prendere la bottiglia dell’olio di semi per saltare le patate e pensare, versandolo, che la bottiglia l’hai comprata quando [mister x] era vivo. Dire una frase al telefono con la stessa cadenza con cui l’avrebbe detta [mister x], e realizzare di aver ereditato da lui parte delle tue intonazioni, oltre a tutta una serie di sfumature che probabilmente hai assorbito solo tu e dunque moriranno con te. Ricostruire ossessivamente la vostra ultima conversazione, di cui sei l’unica depositaria perché camminavate soli sulla salita di un garage senza dirvi niente di particolare. Da lì provare a dedurre come si sia evoluta la Weltanschauung di [mister x] fino al giorno della sua morte: come stava, quando è morto? a cosa pensava? in cosa credeva? era sereno? era pronto? Certo che no. Scorrere la lista dei sogni senza scadenza che non ha mai realizzato, anche semplicemente quando vai a fare un biglietto per una città qualsiasi in cui [mister x] contava di tornare. Non che volesse fermamente tornarci, ma sai che quando l’ha visitata non la guardava con gli occhi di chi la sta girando per l’ultima volta. E poi vedi in filigrana tutte le cose che sei convinto di fare tu domani, e non farai. Fosse qui, lui ti direbbe, canzonatorio: «dovresti”.

In loving memory of mister x.

17/01/2013 (dopo 2 mesi!)